Nella Serbia settentrionale la strada che da Zrenjanin conduce a Novi Sad scorre dritta in mezzo ai campi coltivati. Un tempo i Romani chiamavano questa regione “Pannonia”, un territorio totalmente pianeggiante e molto fertile che si estende fino all’Ungheria. Mi trovo a bordo dell’auto guidata da Željko, il padre di Sonja, e stiamo viaggiando verso Sud per raggiungere Belgrado, dove assisteremo al derby Stella Rossa – Partizan. Scambio con lui qualche parola in inglese, ma perlopiù la mia attenzione è attratta dal paesaggio rurale, dai contadini che bruciano i residui del raccolto, dagli enormi cumuli di fieno, dai trattori che dobbiamo superare. Željko interpreta i miei pensieri e mi dice che gli appezzamenti di terreno coltivabile sono l’unico bene cresciuto di valore negli ultimi anni.

Una volta raggiunta Novi Sad sale a bordo anche Davor, figlio di Želiko, supporter della Stella Rossa e promotore dell’iniziativa di seguire il derby. E´già in clima partita ed utilizza il resto del viaggio per impartirmi le nozioni di base che ogni tifoso della Stella Rossa deve avere. I “nemici”, quelli del Partizan, vengono chiamano Grobari, i becchini. Del resto si sono scelti il nero ed il grigio come colori sociali…ed inoltre sono divisi in due fazioni in perenne lotta fratricida per la leadership, cosicché per loro non esiste mai una partita tranquilla, né in casa, né in trasferta. E cosa dire del loro portiere? E´un ex Stella Rossa, ed il tradimento gli è valso il soprannome “Mustafa”, come venivano ribattezzati quei serbi che durante l’occupazione turca (durata 500 anni) passavano volontariamente al nemico.

Parcheggiata la macchina ci dirigiamo a piedi verso lo stadio, che sorprendentemente sorge in un quartiere benestante di Belgrado. Vedo appartamenti eleganti, sedi di ambasciate, ville spaziose dai muri imbrattati…ed infine, un po’ torreggiante sulle altre, la casa che fu di Arkan, capo ultras della Stella Rossa, che ai tempi della guerra di Jugoslavia raccolse i supporters in un vero e proprio esercito tristemente famoso per i crimini commessi, le “tigri di Arkan”.

Ritorno alla realtà del derby: con poco meno di dieci euro ci compriamo un biglietto in tribuna centrale e facciamo il nostro ingresso al “Marakana”. Manca ancora un’ora al fischio di inizio e gli spettatori sono pochi. Poi piano piano gli spalti si affollano e posso facilmente distinguere le due fazioni del Partizan, separate da un settore vuoto e da un cordone di poliziotti. Poi, forse per occupare il tempo in attesa che la partita inizi, le due parti cominciano a lanciarsi fumogeni a vicenda. Il resto dello stadio gradisce ed applaude, parte il coro “Animali!”. Non succede altro fino all’entrata dei giocatori: allora nella curva della Stella Rossa si inizia a cantare, si accendono i fumogeni rossi ed i botti, si agitano le bandiere, partono i fuochi d´artificio. E´uno spettacolo che sopperisce al livello estremamente basso della partita, con  i giocatori che appaiono goffi ed impacciati. Fa eccezione un piccoletto che si dà parecchio da fare: gioca con una fascia che gli copre i dodici punti freschi che ha in fronte, si nota che ci tiene alla manifestazione. Un fuoco d’artificio scoppia pochi metri sopra la testa di Mustafa, che non fa un piega. Il primo tempo finisce 1-0 per la Stella Rossa: un difensore del Partizan in preda all’angoscia ha buttato il pallone nella sua porta.

Inizia il secondo tempo ed i tifosi del Partizan impazziscono: accendono in un colpo solo tutti i fumogeni ed i petardi che si erano portati da casa. Lo stadio rimbomba ed il fumo si sparge. Poi non contenti appiccano una decina di falò sugli spalti. Uno in particolare viene continuamente alimentato e raggiunge dimensioni tali che l’arbitro se ne accorge e sospende la partita. L’atmosfera si fa tesa quando i poliziotti entrano da un sottopassaggio e si schierano minacciosi sulla pista di atletica. Poi intervengono i pompieri: l’addetto all’idrante tenta di spegnere il falò , ma i tifosi del Partizan si frappongono ed allora non esita a dirigergli il getto nelle terga. Ristabilita una sorta di normalità la partita riprende, con il Partizan che si sforza di recuperare senza successo, finché l’arbitro non pone fine alle ostilità.

Ritorniamo alla macchina, il buon Želiko si rallegra nel vederla intatta e ci porge i panini preparati premurosamente dalla moglie. Ripercorriamo a ritroso la strada dell’andata: nella notte sono ben visibili le lingue di fuoco accese dai contadini. Poi arriviamo a casa ed accendiamo la TV. Il telegiornale parla del derby e di alcuni scontri tra i tifosi. Poi annuncia le prime elezioni in Kosovo che si terranno all’indomani. La Serbia le ha avallate: vuole proseguire la sua lunga strada che porta all’Unione Europea.

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RS

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